Un uomo in fuga
Non sto leggendo la storia di Pantani il campione, è la storia di Marco l'uomo, quello fragile, quello insicuro, quello solo, quello vero.
Mi rendo conto di quante volte ho giudicato senza conoscere, di quanto sia facile schierarsi e attaccare, di come si possa distruggere un uomo a parole. Mi vergogno di aver avuto certi pensieri. Le parole dette dalle persone giuste hanno il potere di manipolare la realtà fino a far sorgere i dubbi anche in chi ha la verità dentro di se. E' dura lottare contro una schiera di giudici colpevolisti che vogliono schiantarti. E' dura ritrovarsi al vento solo. Ti usuri lentamente.
Fuori ancora piove, e il vento tira sempre forte.
Penso che siamo due persone tanto diverse quanto simili. L'amore smisurato per ciò che non consideriamo semplicemente un mezzo di locomozione, non è l'unica cosa che ci accomuna. La necessità di essere sempre superiori a tutti non è l'unica cosa che ci divide. Solitudine, necessaria quanto autolesiva, sottile compromesso per un equilibrio interiore. Orizzonte confuso tra mare e cielo. Necessità di sentirsi amati incondizionatamente ed essere indispensabili per qualcuno allo stesso tempo. Dare e avere. Equilibrio sottile come lo spessore delle ruote che percorrono migliaia di chilometri per alleggerire mente e cuore. Chissà qual'era il tuo luogo preferito, dove ti rifugiavi quando volevi isolarti a riflettere in pace. Quanti chilometri e quante salite per non pensare? Quante ancora ne avresti fatte, se il tuo bisogno di sentirti amato avesse avuto meno condizioni e condizionamenti? Tradito e ucciso dagli unici due amori della tua vita. Quello che succede quando realizzi di non essere più il migliore; per una persona o per il mondo non conta se quella persona è il mondo. Cos'è una vita senza obiettivi? Per un ciclista la vita è una gara; un susseguirsi di salite e discese, vento più o meno favorevole, avversari da lasciarsi alle spalle e compagni di squadra per darti una mano. Ognuno è capitano e gregario al contempo. Dare e avere. Abnegazione. Sacrificio. Dare il massimo per arrivare al traguardo, voltarsi indietro, e sapere di aver speso tutto senza riserve. Molti non ce la fanno, e si ritirano. Tu non potevi accettare di tagliare il traguardo anonimamente nel gruppo. La mediocrità è inaccettabile.
Ti sei ritirato.
Guardo il ciclista nella foto, mentre pedala in solitudine, su una strada in leggera salita, in un ambiente piovoso e presumibilmente freddo. Ciò che lo spinge avanti non sono le gambe, ma la forza di volontà. Lo invidio. In senso positivo. Molti si chiederebbero il senso del suo incedere. Se viaggiasse in auto o in treno sarebbe all'asciutto e non faticherebbe.
Ma ciò che mi fa invidia, e che mi sprona a prenderne esempio, è la convinzione (forse sbagliata) che quell'uomo sarà in grado di essere autosufficiente in ogni sfida dovrà affrontare nella vita.
Ciò significa non dover dipendere da nessuno, significa avere la potenzialità di tagliare il traguardo senza ritirarsi, e senza la necessità di seguire la massa. Dipendere esclusivamente da noi stessi. Credo sia questo l'antidoto alla fragilità, al bisogno di sentirsi amati incondizionatamente. Riuscire a star bene e a sentirsi completi anche da soli.
La compagnia potrà solo farci star meglio.